TEMA IN CLASSE DI THAMARA

l'italia sono anch'io

LA STUDENTESSA DI 12 ANNI CHE HA IMMAGINATO DI ESSERE UNA … EXTRACOMUNITARIA

 

“L’Opinione” di
una bambina terrasinese

Il tema in classe di una bambina di seconda media (di cui omettiamo il nome, su esplicita richiesta dei genitori), diventa per “Terrasini Oggi” un messaggio di speranza e di pace rivolto anche e non solo a quelle mamme che, giorni orsono, si sono allarmate nell’apprendere che di fronte alla scuola dei loro figli c’era il “rischio” che potessero aprire un centro per extracomunitari.

È un messaggio genuino, una sorta di “lettera aperta” agli adulti, che vivifica un dibattito che non deve (anche perchè imposibile) essere archiviato. Il “tema-lettera-aperta” di questa studentessa ci impone la riflessione, evitando la malefica trappola degli stereotipi e degli slogan con i quali i grandi mezzi di informazione ci martellano quotidianamente, spesso alimentando atteggiamenti xenofobi e paure irrazionali.
A Roma  -è cronaca di questi giorni-  gli stessi che ispiravano e guidavano le proteste contro il sindaco per i campi Rom, nel contempo vi lucravano fior di milioni.

La giovane studentessa, invece, prova a mettersi nei panni di una sua coetanea, di una “extra” (una non-persona per taluni), di nome Thamara. È l’immagine capovolta delle nostre Rosalie, delle Benedette … Caterine … Giuseppine … Antonine … che partivano … clandestine con i loro genitori per la Germania, la Svizzera, il Belgio … o verso i Paesi d’oltreoceano. Spesso rimanevano nascoste per interminabili mesi e mesi per non farsi scoprire e denunciare alle autorità di polizia del luogo. Questo ed altro ancora mi raccontava “mortificato” il mio amico Filippo, ex contadino di Terrasini, emigrato nei primi anni Sessanta con i figli in Svizzera non certo per esportare capitali.

PRIMA DI TUTTOÈ buonismo infantile o, peggio, pietismo imbottito di retorica questo? o è graduale presa di solida coscienza che affiora dallo scritto di questa bambina sicuramente educata a precisi valori di solidarietà umana e di giustizia?
Valori cristiani? Valori laici e civili?
Ma che importa?! Sono VALORI E BASTA, quelli veri da contrapporre alla mercificazione umana, alla menzogna e alla violenza.
Secondo voi non è così?
(giu.ru)

TRACCIA DELLA INSEGNANTE
Nei panni degli altri: immagina di essere un emigrato in un paese nuovo del quale non conosci la lingua … gli altri per te sono estranei. Come ti comporteresti? In una pagina di diario o in una lettera inviata alla tua famiglia, racconta l’impatto con il nuovo ambiente, le strategie che stai adottando per farti conoscere, le difficoltà della tua quotidianità e, infine, rifletti su cosa gli altri potrebbero fare per venirti incontro.

SVOLGIMENTO

Caro diario,
mi piace cominciare in questo modo, sapere che tu sei l’unico che mi ascolta e mi capisce. Io sono Thamara una bambina di nove anni, vengo dal Mozambico. Sono qui in Italia da poco, non conosco ancora molto bene la lingua e sono sconosciuta a tutti.

Ti scrivo perché voglio liberarmi da tutti i pensieri, tutta l’angoscia che mi tengo dentro dal giorno in cui siamo partiti.
Sono nata il 12 marzo del 2000, in Mozambico, sono cresciuta accanto ad una famiglia che mi voleva bene ed ero felice, anche con poco. Un brutto giorno, nel 2007, si scatenò una guerra che sembrava lieve, ma poi, col passare dei giorni, delle settimane, dei mesi era diventata sempre più cruenta. Donne che venivano prese per i capelli, trascinate e uccise. Era diventata una cosa devastante.

Un giorno mio padre decise che era venuto il momento di partire, di lasciare quella “terra assassina”, così la considerava lui, e di partire verso l’Italia dove avremmo trovato pace e prosperità. Perciò il giorno del mio compleanno, e non ci può essere cosa più angosciante per una bambina, partimmo e navigammo per giorni su di un barcone pieno di donne, uomini e bambini piccoli come mio fratello Jaqué di quattro anni. Superammo tempeste e cicloni ma anche mare calmo, e infine arrivammo in questa terra assai lontana, nuova ai nostri occhi: l’Italia.

Papà purtroppo morì durante il tragitto per mancanza d’acqua. Vorrei fosse ancora qui, mi manca tanto!

Arrivati in Italia eravamo stremati, morti di freddo e di fame. Una guardia costiera molto gentile ci portò fino alla riva, ci diede delle coperte e da mangiare. Trascorremmo qualche mese all’interno di una casa di accoglienza; intanto mamma aveva cominciato a lavorare come donna delle pulizie a casa di quel caro signore che ci aveva portato fino a riva. La pagava circa 20 euro a settimana, ma la mamma si accontentava. Guadagnati i soldi necessari, ci trasferimmo in un appartamento all’ultimo piano, perennemente sporco e assai spoglio, ma noi ci siamo accontentati.

Nei primi mesi siamo stati trattati più come animali che come persone. A scuola mi prendevano in giro e la maestra mi sgridava continuamente; una volta mi disse una frase che non dimenticherò mai, una frase angosciante: “Se tu fossi italiana non prenderesti sempre insufficiente, sei solo una stupida extracomunitaria!” questa frase non la scorderò mai.

Dopo l’inizio della scuola venne a vivere accanto a noi una famiglia proveniente da Haiti. Anche loro venivano trattati malissimo dagli italiani. All’interno di questa famiglia viveva una bambina, Shila, della mia stessa età. L’averla conosciuta è stato uno dei momenti più felici della mia vita. I brutti pensieri, le angosce, i dolori, non si rimarginano come le ferite; avere un’amica che ti capisce, ti sostiene e ti vuole bene è tutto per me.

Caro diario, ti ho raccontato la mia storia in poche righe, ma voglio aggiungere un’ultima cosa: spesso le altre persone se non ti conoscono ti prendono come un brutto soggetto e invece dovrebbero imparare ad ascoltare, perché l’anima di una persona non si giudica dal colore della pelle.
Thamara

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