«Cugini», racconto di Giovanni Leone

 

per raccontiGiovanni Leone continua a far vibrare le corde che evocano un intero mondo di luoghi, di odori, di immagini, di sapori.
Cugino/a … quasi fratello/sorella, e spesso anche più.
Apriamo insieme quest’altro “cassetto”.

La Redazione

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giovanni leone

Cugini

di Giovanni Leone

 

Un caso? No, non penso …
Ma saranno passati 35 anni credo, e me li ritrovo ancora accanto, casualmente nella stessa identica sequenza, sempre con i jeans sbiaditi, ma soprattutto, e questo è innegabile, sempre abbracciati.

GIOVANNI LEONE

È un abbraccio continuo, fermo, di chi ti vuole stare più vicino possibile, di chi ti conosce come se stesso.
Nessuno dei quattro ha ricordo della vecchia foto, ma tutti indistintamente ricordiamo quei periodi da veri e innocenti “teppisti “, e poi man mano siamo cresciuti, abbiamo condiviso tutte le fasi che ci hanno portato alla foto odierna.

Potrei raccontare mille aneddoti di vita vissuta.
I cugini, che fantastica invenzione…..
Questi soggetti li conosci da bambino, quando si stava immersi in una stanza piena di giocattoli, ma negli anni con loro hai scoperto il mondo, hai inventato le prime bugie da dire ai genitori, facendo squadra e coesione. Poi l’adolescenza, i primi “amori”, le prime scappatelle al mare, le prime sigarette e tutto al di sotto delle aspettative dei nostri genitori, che non sapevano dei nostri intrighi o forse fingevano di non sapere.

Dunque, i cugini, hanno sempre saputo tutto di noi, nel tempo ci siamo pure allontanati per cause di forza maggiore, ma il rivedersi è sempre una festa. È come il richiamo della foresta, non ti abbandona mai. Ci si vede e la prima cosa che ti viene istintiva da fare, senza pensarci, è un rilassante e contagioso sorriso e in quel sorriso c’è tutto. C’è il trascorso, il vuoto da colmare, c’è intimità, segreti nascosti …

Chi non ha avuto la fortuna di avere un rapporto di cuginanza, se così si può dire, non potrà capire quel sorriso cosa può significare, ma per chi può capirlo, sa che in quel sorriso c’è un mondo.

Quanto mi piacerebbe scambiare quattro parole con quei quattro piccoli mocciosi di molti anni fa.
Non svelerei niente del loro futuro, altrimenti la vita non avrebbe senso, ma vorrei solo rassicurarli e dirgli che fra 30 o 40 anni, saremo sempre assieme, ancora abbracciati come adesso, nella stessa sequenza, davanti a un bar a scherzare e a ridere. Ma ahimè, questo non è possibile che avvenga.
Non fa niente, tanto il risultato sarà uguale e questo non è un caso.

 

 

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