Scrive un nostro lettore in un breve commento elogiativo postato qualche giorno fa su un nostro articolo: «Gentili redattori di Terrasini Oggi, da molti giorni vi seguo su internet e mi tengo informato su tante cose che non sapevo. Ho letto pure gli articoli passati e mi sono sembrati interessanti. Spero che duri e che non finisca come tante altre cose che riguarda il nostro paese. Però una critica voglio farla. Mi sembrate troppo moderati, e forse un po più di attacchi non farebbero male. Grazie per l’ospitalità (lettera firmata). Vi prego di pubblicare solo le mie iniziali. Grazie ancora. G.M.».
Ci eravamo ripromessi, e lo avevamo pure anticipato nel post, di rispondere brevemente al nostro amico G.M., poiché il suo commento ci forniva lo spunto per una doverosa puntualizzazione. Ci riferiamo al fatto che, ad avviso del nostro G.M. (ma altri amici -non molti- ci hanno esternato in questi giorni lo stesso giudizio), dovremmo essere più aggressivi, «più attacchi non farebbero male».
E allora, chiariamo subito. Il Blog, la cui testata si rifà ad un vecchio e prestigioso giornale stampato negli anni Ottanta del Secolo scorso, ha come suo fondamentale scopo quello di informare. Ma non basta: di farlo nel modo più distaccato possibile.
Raccontare i fatti e argomentare su di essi, trarli fuori dalla “distrazione” che ci sovrasta, e porgerli al lettore, che ne trarrà da sé le conclusioni. Tutto qui.
Si dirà: una informazione neutra? Non crediamo o, perlomeno, non lo è nella misura in cui questo non è un giornale schierato, ma di opinione. Intanto, lo stesso atto di informare, in una realtà piuttosto appiattita come la nostra, dove le informazioni circolano poco e male, è un fatto quasi rivoluzionario; porre poi in risalto particolari “aspetti”, come noi cerchiamo di fare, è già un atto di critica implicita. A che servirebbero, allora, le invettive, gli attacchi frontali duri, le parolacce, magari? Forse a placare la momentanea rabbia del lettore e a soddisfare chi scrive? E poi cosa resterebbe se non ci sono fatti, documentati circostanziati in cui anche i responsabili della “cosa pubblica” sono chiamati a risponderne, a dire la loro (come già accaduto in diverse occasioni)? Anche questo contribuisce a farci un’idea complessiva di chi c’è e di quanto accade. Ma deve essere il lettore, col suo spirito critico, a trarne le conclusioni, non noi a porgergliele già confezionate.
Evitare di parlarsi addosso, dunque.
Riportiamo un episodio (storicamente accertato). Nel 1947 (quindi immediatamente dopo la Seconda Guerra mondiale), il Partito comunista fu estromesso dal Governo di unità nazionale. Si incaricò lo stesso primo ministro democristiano De Gasperi di notificare la decisione a Togliatti. Quando la cosa fu di pubblico dominio, si verificarono vibrate proteste e occupazioni varie nell’intero territorio nazionale. In una di quelle drammatiche mattine, il durissimo Giancarlo Pajetta telefonò da Milano a Togliatti per informarlo che aveva occupato la prefettura insieme con un migliaio di operai. Togliatti ascoltò impassibile la telefonata, lo lasciò parlare e quindi gli rispose gelandolo così: «E ora che hai occupato la prefettura, che te ne fai?».
E noi, parafrasando Togliatti: e dopo avere attaccato più duramente, che cosa facciamo?
La redazione
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