Caponata col dado: quando il marketing fa cilecca

Lo spot della caponata col dado Star ha messo a nudo la spregiudicatezza del marketing, più di quanto non si noti questa tendenza in decine di altri spot, o messaggi persuasivi inviati in continuazione alle nostre menti.

Cosa è successo? Che uno spot (penso che l’abbiate notato) della Star fa strame della correttezza in termini di comunicazione, e nel tentativo maldestro di promuovere il proprio prodotto (siccome il resto d’Italia conosce poco la Sicilia, le sue città, le vere abitudini alimentari e non dei suoi abitanti), propone un “pastone” in cui mescola in modo approssimativo immagini e dialetti, ma soprattutto “profana” uno dei piatti sacri della nostra cucina: la caponata di melanzane.

Caponata di melanzane

Lo spot è simpaticamente descritto da Evelin Costa in questo articolo su Cinisi Online. Lo spot ha fatto scalpore, almeno nella comunità di coloro i quali si occupano di cucina in modo serio. E quindi, se da una parte ha raggiunto l’obiettivo di far parlare di sé, dall’altra ha messo in cattiva luce l’azienda ed il prodotto.

In questo articolo tento di analizzare lo spot della caponata col dado dal punto di vista della tecnica persuasiva, che da sempre (ancora di più oggigiorno) pervade la comunicazione pubblicitaria.

Come ci ha insegnato Robert Cialdini nel suo capolavoro “Le armi della persuasione”, le principali leve utilizzate sono sei:

  1. Reciprocità (Reciprocity)
  2. Impegno e Coerenza (Commitment and Consistency)
  3. Riprova Sociale (Social Proof)
  4. Simpatia (Liking)
  5. Autorità (Authority)
  6. Scarsità (Scarcity)

Queste armi vengono utilizzate dalle persone comuni (spesso inconsapevolmente) e dai professionisti (spesso consapevolmente), per convincere un interlocutore o un potenziale acquirente. Per chi volesse approfondire questi argomenti per valutare in modo disincantato il bombardamento di comunicazione al quale siamo sottoposti e costruirsi uno scudo consapevole, è altamente consigliabile leggere il libro.

Analisi dello spot della caponata col dado

Alla luce di ciò tentiamo insieme di capire quali leve hanno voluto usare i creativi  nel confezionare questo spot. Immaginiamo che l’agenzia pubblicitaria ingaggiata dalla Star per confezionare questa campagna, non sarà composta e diretta da sprovveduti.

Come leggiamo nell’articolo su Brand News: “Realizzata dall’agenzia Vinizius/Y&R Barcellona per la regia di Claudio Gallinella, la campagna intende esaltare l’autenticità di una scena di vita quotidiana, ripresa all’interno di famiglie vere. La produzione è firmata Bedeschifilm.

CREDITS

  • Agenzia: Vinizius/Y&R Barcellona
  • Direttori Creativi: Ignacio Diaz e Nicolas Alberte
  • Account Director: Alessandro Venturelli
  • Account Executive: Laura Scarano
  • Producer Agenzia: Lidia Vilar
  • Casa di produzione: Bedeschifilm
  • Regia: Claudio Gallinella
  • Executive Producer: Giovanni Bedeschi
  • Producer: Nadia Macri
  • Direttore Fotografia: Luca Robecchi

Andando avanti nella lettura dell’articolo leggiamo anche che gli spot sono stati inseriti all’interno di un piano di comunicazione che prevede un concorso “I migliori piatti d’Italia”, nel quale gli utenti possono caricare le loro ricette sul sito aziendale e votare le ricette tipiche regionali presenti nell’elenco proposto.

Oggi non si può prescindere dall’uso dei social media e quindi sono state previste attività sulla pagina Facebook di Star, che prevede anche un coinvolgimento diretto della testimonial Tiziana Stefanelli, che interagirà con gli utenti rendendosi disponibile nel rispondere alle loro domande.

È pensabile quindi che abbiano voluto utilizzare la leva della “simpatia/autorità” utilizzando come testimonial la Stefanelli, vincitrice della seconda edizione di MasterChef, e della “riprova sociale” ambientando gli spot nelle cucine di famiglie comuni di quelle città, nelle quali cordiali signore parlano delle loro pietanze usando la cadenza tipica dei loro dialetti.

Alla fine della descrizione del piatto tipico preparato dalla signora di turno sotto gli occhi amorevoli della Stefanelli, lei sibila: “…e dado Star, naturalmente”, lasciandolo scivolare abilmente in mezzo agli ingredienti sorridendo sinistramente.

Nello spot della caponata col dado anche la signora Farruggio di Palermo risponde come le altre utilizzando una delle figure retoriche più antiche e subdole utilizzate per dimostrare verità incontrovertibili o falsità palesi, il sillogismo: “…è immancabile. Se non c’è dado Star non c’è la caponata, se non c’è la caponata non c’è famiglia”. Il risultato che sintetizza inconsciamente la mente dello spettatore è: Se non c’è dado Star, non c’è famiglia!

Il tutto è ovviamente rinforzato dall’immancabile (anche questa) scena della famiglia felice composta da grandi e piccini intorno alla tavola che ridono, scherzano e gongolano nel degustare il “piatto tipico” portato a tavola dalla signora moglie/mamma. Quindi, utilizzando una tecnica comune in PNL, si cerca di “ancorare” nella mente dello spettatore l’immagine della famiglia felice al prodotto stesso, in modo da fare scattare in modo subliminale la molla d’acquisto nella mente del consumatore quando è al supermercato.

La scena si ripete identica nei tre spot, che sono stati ambientati a Milano, a Firenze e a Palermo. Le prime due città non hanno avuto reazioni (probabilmente i piatti proposti – risotto alla milanese con salsiccia e spezzatino alla toscana – si prestavano meglio ad accogliere il famoso cubetto “profanatore”), ma appena messo in onda lo spot ambientato a Palermo con relativa caponata… apriti cielo, qualcosa è andato storto.

caponata col dado

Da giorni sulla Rete impazza la rivolta contro lo spot della Star ed il famoso “popolo del web” è passato all’attacco, fondando il gruppo Facebook “La caponata siciliana non va profanata”. Inoltre è stato coniato l’hashtag #savecaponata, una signora si è rivolta addirittura direttamente al servizio consumatori della Star, il profilo Facebook della Stefanelli è stato subissato dalle proteste ed alla fine la Star ha addirittura pubblicato (sempre sulla propria pagina Facebook) un comunicato nel quale, il 21 gennaio (arrampicandosi un po’ sugli specchi) cerca di mettere a posto le cose senza però ammettere di aver fatto un passo falso. Il comunicato recita:

Ci fa piacere riscontrare come nel nostro Paese ci siano radici così forti legate alle tradizioni culinarie. L’intento del nostro spot non era assolutamente quello di dettare le regole ufficiali per la preparazione della caponata e ci dispiace se qualcuno si è sentito offeso: volevamo proporre semplicemente una personale versione di questo piatto, interpretata in questo caso dalla famiglia Farruggio.

Partendo da Piazza Politeama, abbiamo scelto di dare visibilità alla tradizione gastronomica siciliana, di cui la caponata è il piatto per eccellenza.

Abbiamo anche lanciato un contest online sul nostro sito Star.it per scoprire come le famiglie italiane interpretino i piatti tipici locali, con l’obiettivo di raccogliere le personali varianti delle più note specialità regionali.” E conclude con il pay-off (altrimenti detto slogan), che omettiamo.

Per valutare la spregiudicatezza dell’azienda brianzola, che dal 2006 appartiene al gruppo spagnolo “Gallina Bianca” (ecco perché tanti spagnoli tra i creativi dello spot), sarà il caso di ricordare che la Star nel 2013 salì agli onori delle cronache per un caso ben più grave (di sostanza, oltre che di forma), cioè quando il Ministero della Salute trovò in alcuni tipi di Ragù Star carne di cavallo non dichiarata in etichetta. Tutti questi prodotti (circa trecentomila confezioni oggetto di sequestro dei NAS) erano già stati comunque autonomamente bloccati dalla società nei propri magazzini senza che fossero mai stati immessi sul mercato.

Comunque, ritornando al dado nella caponata e sue conseguenze, tutti i maggiori quotidiani hanno parlato della vicenda, Il Fatto Quotidiano ha pubblicato anche un’intervista alla Stefanelli che, a mio modesto parere non ne esce per niente bene, lasciandosi andare a considerazioni improprie quali “credo che i problemi dei siciliani siano ben altri. Purtroppo in Italia, ora va di moda polemizzare sempre su tutto”.

Comunque sia, credo che nella progettazione di questo spot siano stati fatti vari errori:

La riprova sociale non è scattata, anzi è scattata al contrario, ritorcendosi contro l’azienda ed i protagonisti dello spot, sbagliando l’accento della signora che parla un siciliano da operetta e comunque più vicino a quello della Sicilia Orientale che non a quello proprio di Palermo

Ma secondo me è proprio nella scelta del piatto da utilizzare che è stato fatto l’errore più grossolano: l’immagine della pietanza che si vede nella padella è totalmente diversa da quella preparata nelle famiglie siciliane, è bianca (senza pomodoro), le melanzane soffriggono insieme a tutti gli altri ingredienti, ci sono addirittura le olive in salamoia denocciolate (orrore).

Per fortuna le notizie sulla caponata senza dado in rete non mancano, anche sul nostro blog abbiamo avuto il piacere di ospitare la ricetta di Stefania.

Negli altri due spot l’uso del cubetto al glutammato monosodico non ha destato scalpore, a Milano per preparare il brodo per il risotto alla milanese (uso sicuramente più accettato – per quanto errato – ), a Firenze nella preparazione dello spezzatino alla toscana.

In conclusione quindi mi (e vi) chiedo: …e se avessero scelto un altra pietanza, sarebbe scattata così violenta la protesta dei palermitani? Se avessero aggiunto il dado nell’intingolo di un falsomagro? Forse no perché da decenni siamo infatti abituati a veder scivolare negli spot l’odioso cubetto su tocchi di carne che sfrigolano nelle pentole.

Oppure sono proprio i palermitani ad essere rissosi e non hanno di meglio a cui pensare, come sostiene la Stefanelli?

A voi l’ardua sentenza! Dite cosa ne pensate nei commenti.

Fabio Palacino

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Guarda gli spot in sequenza:

Milano 

Firenze 

Palermo

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2 comments on “Caponata col dado: quando il marketing fa cilecca

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