Giusi e il suo cammino nel “cammino”: un’esperienza di donna e madre coraggiosa

 

 

 


GIUSI MODICA, 50 anni, felicemente sposata e madre di due figli,
decide un giorno di intraprendere in solitudine il cammino di Santiago de Compostela. Ma non si tratta soltanto di un lungo viaggio a piedi: «Io non avevo un motivo particolare  –spiega- per fare il “Buen Camino”, ma non avrei mai pensato di riuscire a farlo dopo aver passato un anno tra chemio, operazioni e lunghe degenze …». Un cammino nelcamminodunque,
in cui la “resilienza” ha avuto un ruolo rilevante. Un’esperienza da esempio a molti.

 

di Giulia Randazzo

«Scesi dal treno alla stazione di Frómista, zaino in spalla e decine di emozioni nel cuore, insieme a confuse aspettative nella mente».
Da qui ha inizio il viaggio di Giusi Modica, una Donna  -per citare Carmen Consoli- con la D maiuscola, che lo scorso settembre ha percorso in compagnia di se stessa 310 chilometri del Camino de Santiago, il famoso pellegrinaggio che fin dal Medioevo conduce, attraverso vari percorsi, alla tomba di San Giacomo.

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Cattedrale di Santiago. Cerimonia del botafumeiro, l’incensiere più grande al mondo.

Narra la Legenda Aurea che, sebbene il martire Giacomo (il Maggiore, apostolo di Cristo) fosse stato decapitato nel 44 D.C. in Palestina, i suoi resti furono ritrovati nell’813 dall’eremita Pelayo sulle spiagge della Galizia, Nord della Spagna, notando in quel territorio uno strano fenomeno di luci simili a stelle. Proprio in quei luoghi in seguito venne eretta la Cattedrale de Compostela (da Campus Stellae, campo stellato) famosa nel mondo per il suo botafumeiro, l’incensiere più grande del mondo oltre che per le reliquie del Santo in essa conservate.

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Un significativo cartello posto lungo il cammino.

Ogni anno migliaia di pellegrini da tutto il mondo percorrono a piedi o in bici le vie o “caminos” che, attraverso varie tappe necessarie per ottenere l’attestato chiamato la “Compostela”, condurranno alla cattedrale di Santiago, per alcuni meta finale di un viaggio religioso, ma non solo.

Giusi, in effetti, preferisce definirsi una viandante: non l’ha spinta una motivazione prettamente religiosa, ma ciò non toglie valore al suo “camino”, che  -come lei stessa precisa-  ha deciso di intraprendere per sfidare i propri fantasmi, le paure, le angosce del presente e del passato e finalmente superarle, o per lo meno farci i conti.
Già. Perché c’è un nemico contro cui ha combattuto nell’ultimo anno, con le sole armi su cui sapeva di poter contare: l’ironia e la razionalità.

Nemico tra i più subdoli il cancro. Specie quello che l’ha colpita, privandola, seppur per poco tempo, della sua femminilità ora “riconquistata” grazie ad un intervento ricostruttivo su cui scherza volentieri, dimostrando ancora una volta la straordinaria forza di cui può esser dotata una donna come quella che mi sta di fronte.

“Straordinaria forza” dicevo. Forza ritrovata in sé, che forse ha sempre posseduto senza saperlo; quella che può sgorgare nei passaggi taglienti della vita. La “resilienza”  -spiega Giusi, insistendo su questo punto-,  non è altro che la capacità di trarre energia vitale proprio da eventi stressanti e traumatici, quelli che in genere tendono a demolire la vita. Soprattutto questa forza reattiva, definita dagli psicologi, appunto, “resilienza”, si è rivelata determinante nel fronteggiare tutto, anche la chemioterapia.

«Io non avevo un motivo particolare per fare il “Camino de Santiago”, ma non avrei mai pensato di riuscire a farlo dopo aver passato un anno tra chemio, operazioni e lunghe degenze che mi hanno lasciato indelebili cicatrici, fuori e dentro. Nessuno mi ha mai lasciato sola in questo anno, ma io sentivo dentro il bisogno di ritrovare il mio spazio, di capire che, nonostante il cancro abbia tentato di cambiarmi, di farmi male … io sono qui. Ci sono sempre stata, non sono mai morta, ma ho deciso di partire zaino in spalla e vento in faccia proprio per rendermene conto attraverso la strada, verso una meta: la riflessione, il guardarmi dentro».  

E allora Giusi inizia a camminare. Incontri, ostelli, natura incontaminata, suggestivi paesaggi e sensazioni comprensibili solo a chi attraversa quei caminos divenuti, per la loro peculiare bellezza ed importanza, Patrimonio dell’Umanità. Pellegrini che diventano tuoi compagni per un tratto di strada …

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Incontri

E poi quella frase, indelebile nella sua mente, detta da un contadino in mezzo a uno sterminato campo in un percorso secondario, mentre la lucidità stava cedendo il passo alla stanchezza: «Buen camino … che tu possa arrivare in pace e in serenità alla Cattedrale di Santiago …».

«È forse il ricordo più nitido e penetrante, questo -commenta Giusi-. I pellegrini di norma si scambiano questo saluto, ma un augurio da parte di chi non ti ha mai visto e non sa nulla di te mi è parso così sincero ed inaspettato da toccarmi nel profondo».

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Una sosta dinanzi a un simulacro di San Giacomo

Ci sono mille motivi che spingono a fare il Cammino di Santiago, forse tanti motivi quanti sono i pellegrini: chi lo fa per mantenere una promessa, chi per motivi religiosi, una grazia da chiedere o già ricevuta, chi per una sfida con se stesso. Tutti però lo considerano un momento di “distacco” dalla vita convulsa: ci si sveglia sapendo soltanto che quel giorno che si vivrà sarà importante perché pieno di emozioni, lacrime, conoscenza di sé, paure, sorrisi, stanchezza.

«Quello che ho fatto non ha nulla di straordinario, ma ero arrivata ad un punto in cui mi è parso necessario».

Santiago, dunque, luogo mistico e magico insieme. Una scuola di umiltà e semplicità e insieme un cammino di scoperta e accettazione di sé, che molti desidererebbero intraprendere, ma che pochi hanno la forza di affrontare.

«Non scordare che attaccare o fuggire -scrive il grande scrittore Paulo Coelho ne “Il cammino di Santiago”-, fanno parte dello scontro. Quello che non appartiene alla lotta è restare paralizzati dalla paura. Il buon combattimento è quello che viene intrapreso perché il nostro cuore lo chiede».

Come Giusi, che ha attaccato e vinto, camminando per un lungo tratto con se stessa.


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