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Terrasinese, è morto ieri a Los Angeles all’età di 88 anni. Ingegnere della NASA, costruì la strumentazione di bordo dell’Apollo 11. Era amico di Neil Armstrong, il primo uomo a sbarcare sulla luna. In esclusiva per Terrasini Oggi, il ricordo di Lucio Luca, giornalista di Repubblica, che un paio di anni fa lo incontrò a Terrasini (dove Pagano era tornato dopo 40 anni) per intervistarlo per il suo libro “Dall’altra parte della Luna”.
di Lucio Luca
«Ingegnere, mi dica: ma questo Neil Armstrong, com’era?». Un accenno di sorriso, gli occhi bassi quasi per pudore, e una risposta secca: «Un bravo ragazzo». Quell’intervista a Filippo Pagano, in una sera d’estate di un paio di anni fa, davanti a un mare che non vedeva da 40 anni ma che non aveva mai smesso di amare, la ricordo con grande tenerezza.
Davanti a me un anziano signore, timido e riservato, quasi stupito dal fatto che un giornalista fosse interessato alla sua storia. Avevo appena consegnato il manoscritto di un libro che raccontava una ventina di siciliani d’America di successo. Ma un amico, nipote dell’ingegnere, mi aveva segnalato lo “zio Filippo”, da una vita negli States dove aveva lavorato alla Boeing e alla Nasa.
«Sai, mio zio ha costruito la strumentazione di bordo dell’Apollo 11, ha lavorato al fianco degli astronauti, era amico di Neil Armstrong, il primo uomo a sbarcare sulla luna. Ti può interessare?». E certo che poteva interessarmi, solo che i miei personaggi li avevo voluti incontrare uno per uno in America, come avrei potuto chiacchierare con Pagano? «Sei fortunato, è tornato a Terrasini proprio in questi giorni – mi disse il nipote –. Mancava da 40 anni, se vuoi provo a chiedergli un incontro. Ma ti avverto, non ti aspettare rivelazioni clamorose, lo zio Filippo è un uomo di poche parole, e quelle stesse devi essere bravo a tirargliele fuori tu».
Raccontai la storia dell’ingegnere Pagano a mia figlia e Lavinia volle accompagnarmi all’incontro. Fu un aperitivo emozionante per me e per lei.
L’ingegnere Pagano ci raccontò quella mattina entrata nella storia. La mattina in cui la navicella spaziale alla quale aveva lavorato per anni e che aveva “testato” al fianco di Armstrong sarebbe atterrata per la prima volta sulla luna in una notte italiana che i nostri padri e i nostri nonni non dimenticheranno mai. E l’esatto momento in cui “l’amico Neil” fece quel “piccolo passo per l’uomo, ma un balzo gigante per l’umanità” e dagli occhi di Filippo scesero due lacrime, appena accennate. Perché un siciliano d’altri tempi non piange mai, nemmeno se il suo nome resterà scolpito per sempre in una targa issata a 400 mila chilometri dal Pianeta Terra.
L’ingegnere Pagano parlò di tutte le imprese della Nasa fino al 1994, la grande festa al Kennedy Space Center ma anche i giorni di angoscia dell’Apollo 13 e il disastro dello Shuttle nel 1986. Tutto come se fosse la cosa più normale del mondo, mentre io e mia figlia ce ne stavamo lì a bocca aperta ad ascoltarlo. Poi gli chiesi di tornare ancora più indietro nel tempo, quando faceva il poliziotto a Terrasini e per amore di Rosalia, la sua Rosalia, lasciò la divisa, la sposò e partì per vivere il suo sogno americano.
Senza parlare una parola d’inglese prese due lauree, poi lavorò in fabbrica prima che la Nasa si accorgesse di lui e soprattutto del suo talento. E arrivarono anche i tre figli, quelli per cui gli brillavano gli occhi: Anthony, che ora fa il direttore di banca, Saveria “Cindy”, che è una nutrizionista, e John, il “piccolo”, ingegnere civile.
Fu una sera magica quella di Terrasini, seduti al tavolo di un ristorante davanti a un tramonto che solo la Sicilia riesce a regalarti. E fu emozionante per me sapere che il libro, alla fine, gli era piaciuto. Se l’era letto a Los Angeles, dove viveva ormai da tanto tempo: «La California è un po’ come la Sicilia. Funziona tutto meglio – mi aveva detto – ma vuoi mettere il nostro sole?».
Quando ho saputo che a 88 anni è andato via in silenzio, senza disturbare, ho subito telefonato a mia figlia per informarla. «Era come un nonno – mi ha detto Lavinia – le storie che ci ha raccontato quella sera non le dimenticherò mai». Perché persone come l’ingegnere Pagano non ne nascono troppo spesso e spero davvero che adesso Terrasini lo ricordi come uno dei suoi figli migliori.
Il link dell’intervista di LUCIO LUCA pubblicata dal nostro giornale lo scorso anno (clicca QUI)
Sarebbe giusto che il comune lo ricordasse con una targa, l’intitolazione di una via e un mezzobusto … meriterebbe tutto questo.
Vito Aluia